EXTRAROTATORI: piccoli muscoli di grande importanza

 

Per entrambe le versioni di aperture ad "L" (da sdraiati o con il busto verticale), valgono le stesse raccomandazioni:


- usare un'esecuzione lenta e controllata

- evitare un basso numero di ripetizioni

- non cambiare la posizione o l'angolo del gomito durante la serie

- non lavorare fino a raggiungere o superare l'incapacità muscolare


Le aperture ad "L" possono aiutare molto le nostre spalle e renderle molto più resistenti agli infortuni, ma spingendo troppo o troppo velocemente con i carichi, rischiamo di irritarle e quindi apportare danno anziché beneficio.
Fig. 8. Aperture ad "L" da seduti: posizione iniziale (a) e finale (b).

Esiste un altro tipo di esercizio, utilizzabile soprattutto da soggetti con una certa esperienza di allenamento, vista la più complessa modalità esecutiva, utile per rafforzare i muscoli extrarotatori della cuffia dei rotatori.

Si deve partire proni, sdraiati su una panca con lo schienale leggermente inclinato (fig. 9a), evitando di accentuare la fisiologica lordosi a livello lombare, con le braccia pendenti in basso e leggermente intrarotate (palmi rivolti indietro).

Da questa posizione si esegue un'estensione degli arti superiori, associata ad un'adduzione delle scapole (che vengono quindi retratte) e ad un'extrarotazione massima delle braccia, dirigendo i palmi delle mani verso l'esterno ed i pollici a guardare il soffitto.

Gli arti superiori vanno portarti il più possibile dietro al tronco, mantenendo circa un angolo di 30°- 35° tra braccia e fianchi, evitando di staccare il petto dalla panca o di iperestendere il rachide (fig. 9b).

Le scapole vanno avvicinate portando posteriormente e mantenendo basse le spalle. Questo permette di sfruttare al meglio l'azione adduttoria ed extrarotatoria dei fasci medi del muscolo trapezio e quella estensoria ed extrarotatoria del deltoide posteriore, evitando inoltre l'entrata in gioco dei muscoli romboidi ed elevatori della scapola, cosa non desiderabile, visto gli obbiettivi che questo esercizio si propone.

Essendo il braccio di leva molto lungo, l'esercizio risulta particolarmente intenso, e si utilizzano quindi all'inizio carichi molto leggeri (2 Kg).

Anche in seguito sarà molto impegnativo, anche per i più "tosti", adoperare più di 6-8 Kg per lato riuscendo a mantenere una corretta tecnica.


Fig. 9a. Esercizio di adduzione delle scapole e di estensione ed extrarotazione delle braccia: posizione iniziale. Fig. 9b. Esercizio di adduzione delle scapole e di estensione ed extrarotazione delle braccia: posizione finale.

Questo esercizio, studiato e sperimentato sia su me stesso che sui miei allievi, pur necessitando di un buon controllo ed apprendimento esecutivo, offre il non trascurabile vantaggio di far lavorare in sinergia tutti i fasci muscolari che concorrono a realizzare una corretta extrarotazione delle braccia ed adduzione delle scapole.

Questo permette non solo un incremento del tono muscolare, ma anche il miglioramento e l'interiorizzazione (soprattutto se si esegue nella posizione finale (fig. 9b) una contrazione isometrica di 2-3 secondi) di un corretto assetto posturale sia a livello scapolo-omerale che scapolo-toracico.

Benefici, quindi, non solo di tipo muscolare ma anche di tipo percettivo e funzionale, che, contrastando il sempre più diffuso atteggiamento "curvo e rilassato", possono far risultare l'esercizio di utile impiego anche nella ginnastica correttiva.


In conclusione, se si vuole rendere più lunga possibile la nostra longevità atletica ed ottenere il massimo dall'allenamento o dalla pratica del nostro sport, è indispensabile adoperarsi per evitare di farsi male. Ogni infortunio, infatti, oltre a creare lesioni che con il tempo si vanno a sommare l'una all'altra, minando, spesso irreversibilmente, il nostro stato di efficienza fisica, inevitabilmente è un evento che ci blocca e ci costringe all'inattività.

Lesioni traumatiche ai tendini ed all'articolazione della spalla sono relativamente frequenti nei soggetti attivi e molte di queste atlopatie (patologie tipiche dello sport) sono dovute a sovraccarico funzionale ed a microtraumi ripetuti.

Nella maggior parte dei casi, questi traumi, sono determinati o strettamente legati ad una cattiva distribuzione dei carichi di lavoro e ad errori di tecnica e preparazione.

Essendo uno dei fini principali del fitness e dell'attività fisica in generale, quello di migliorare lo stato di salute e di efficienza fisica dell'individuo (e non quello di peggiorarlo), risulta senz'altro imperativo per l'allenatore adoperarsi perché dette lesioni non si verifichino.

Numerosi studi, infatti, evidenziano che, l'esecuzione corretta dei gesti atletici e l'adozione di adeguate misure preventive, tra cui la cura della cuffia dei rotatori e l'allenamento dei muscoli che la compongono, riducono drasticamente l'incidenza di tali patologie.


* Un particolare ringraziamento a Gianpietro Dringoli, per il materiale fotografico, ed a Luisa Cioffi, per lo spunto e le idee datemi, senza la cui collaborazione questo lavoro non potrebbe essere stato realizzato.


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