EXTRAROTATORI: piccoli muscoli di grande importanza

(articolo di Tommaso Donati)


L'elevazione del braccio è possibile solo con una continua centratura della testa dell'omero da parte della cuffia dei rotatori: se c'è uno squilibrio tra la forza del deltoide e la capacità stabilizzatrice della cuffia, vengono continuamente compressi il tendine del sopraspinoso, il tendine del capo lungo del bicipite e la borsa sierosa. Questo provoca edemi locali e micro-emorragie che portano a flogosi e, con il tempo, a stati di infiammazione cronica. Se trascurata, questa affezione può portare a conseguenze gravi come lesioni consistenti e lacerazioni a carico della cuffia dei rotatori o del tendine del capo lungo del bicipite brachiale che, come abbiamo visto, è intrarticolare. (5)

Oltre che per particolari caratteristiche anatomiche e predisposizioni genetiche (eccessivo spessore dell'acromion, conformazione anomala della testa omerale, ecc.), questo tipo di problemi a carico delle spalle, sono presenti in tutte le discipline (tennis, nuoto, arti marziali, pesistica, ginnastica, pallamano, pallacanestro) dove la preparazione atletica è rivolta soprattutto al potenziamento del deltoide e dei grandi muscoli adduttori ed intrarotatori del tronco (gran pettorale, gran dorsale, grande rotondo), trascurando invece l'allenamento dei muscoli della cuffia dei rotatori, ed in particolare degli extrarotatori.

In effetti, la stragrande maggioranza dei soggetti, compresi gli atleti, presenta un notevole squilibrio tra forza e trofismo dei muscoli rotatori interni ed esterni, perché, gli intrarotatori, sono quelli maggiormente coinvolti nell'esecuzione dei vari gesti tecnici sportivi, ed anche quelli più allenati con i principali esercizi svolti in palestra.

Esistono poi numerosi luoghi comuni ed una diffusa ignoranza dell'anatomia e della biomeccanica muscolare, che di sicuro non contribuiscono alla risoluzione del problema.

Molte persone ritengono, ad esempio, che allenando con la medesima intensità e cura pettorali e dorsali, non si vengano a creare squilibri funzionali, in quanto, si fanno lavorare in ugual misura, sia muscoli della regione anteriore che posteriore del tronco. Questo ragionamento è valido solo in parte.

E' vero che il gran pettorale è uno dei principali muscoli della catena estensoria della parte superiore del corpo (quella che ci permette ad esempio di spingere un oggetto lontano da noi o di sferrare un pugno) e che il gran dorsale è invece uno dei più importanti della catena flessoria (quella coinvolta nell'avvicinare un oggetto a noi come nel tiro alla fune), ma pur se antagonisti sotto questo punto di vista, pettorali e dorsali lavorano in sinergia quando si tratta di addurre ed intrarotare gli arti superiori.

Per rendersi conto di questo, basta eseguire il movimento di adduzione (avvicinamento al busto) degli arti superiori ai cavi incrociati, partendo con le braccia orizzontali e tese e scendendo in basso senza piegare il gomito, intrarotando leggermente l'omero. Se portiamo le mani ad unirsi davanti al tronco sentiamo lavorare particolarmente i pettorali, se le uniamo dietro la schiena avvertiamo un maggior coinvolgimento dei dorsali, mentre se scendiamo lateralmente lungo i fianchi, in posizione neutra andando a toccare le cosce, percepiamo una notevole contrazione sia dei pettorali che dei dorsali.

Potenziando questi due grandi e forti gruppi muscolari, senza un adeguato lavoro di bilanciamento a carico dei muscoli extrarotatori, si viene a creare con il tempo una situazione di squilibrio con conseguenti problemi funzionali e posturali. In seguito all'allenamento di dorso e petto, si ha, infatti, un aumento di tono dei muscoli intrarotatori, che tendono quindi a retrarsi ed avere sempre uno stato di parziale contrazione, visto che, la trazione che esercitano sull'omero, non è adeguatamente bilanciata da un'azione uguale e contraria da parte degli extrarotatori.


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